Abisso di Malga Fossetta

L’Abisso di Malga Fossetta si apre sull’Altopiano di Asiago poco distante dall’omonima Malga a quota 1750 circa in mezzo a un fitto bosco di larici, circondato da grandi e dolci pascoli. Questo abisso ha alcune caratteristiche che a mio avviso lo rendono affascinante e interessante. In primo luogo è molto particolare la prima parte di questo abisso che, dopo una stretta crepa verticale di circa 20 metri, permette di arrivare su un vasto salone dal soffitto piatto e il cui pavimento al centro sfonda in una sorta di cratere con diametro superiore ai 20 metri.
Questa è la chiave di volta che ha permesso a Malga Fossetta di raggiungere certe dimensioni in quanto, grazie a questo sfondamento, si è aperto un varco che ha permesso all’acqua di superare uno spesso strato di materiale poco permeabile.
Un altro elemento che mi ha sempre affascinato di questo abisso è che per la sua esplorazione è stato necessario un tempo molto lungo, richiedendo anni di disostruzione e tanta fatica su rami che poi sono stati bypassati per più di 300 metri di profondità, constatando che la via migliore e più ampia era nel posto meno logico per noi speleologi, ma in quello più logico per l’acqua.
La grotta scende fino a -450 m per ambienti fossili costituiti da gallerie ampie e da pozzi che spesso riportano sull’attivo, per poi riabbandonare subito l’acqua per tornare nuovamente in ambienti fossili. Infine a 450 metri di profondità si incontra una grande faglia che permette di scendere per oltre 200 metri fino al meandro Carioca: da questo punto in poi la grotta prosegue sull’attivo seguendo il percorso dell’acqua. Ovviamente dal Carioca in poi gli ambienti si fanno più stretti e bagnati e da -750 m fino al fondo la grotta continua il suo viaggio nella dolomia come si può vedere chiaramente anche dalle sue morfologie: si percorrono meandri attivi stretti e bassi e si sbuca su pozzi di grandi dimensioni che tendono a scampanare. La grotta presenta una serie di anomalie sia in termini di circolazione, sia di temperatura dell’aria. In pratica la grotta nella prima parte tende a comportarsi come fosse un ingresso basso (ossia aspirando aria in inverno) e questa
anomalia continua fino sopra al pozzo del “Ponte” circa a 250 metri di profondità.  Grazie a questa anomalia nei mesi invernali l’ingresso tende a riempirsi di neve, poiché non c’e’ aria calda che esce, e per questo è stato letteralmente “intubato” per permettere discese in inverno; oltre a questo. nella stanza sotto il pozzo di ingresso che porta al “cratere” si formano magnifiche stalagmiti e stalattiti di ghiaccio. Da -250 in avanti la temperatura della grotta varia secondo un trend lineare (come hanno rilevato le misurazioni fatte, in questi anni di ricerca, dai ragazzi del Gruppo Grotte Rovereto in collaborazione con il Museo Tridentino di Scienze Naturali) corrispondente a circa 2,5°C/Km. Un’altra anomalia nella circolazione dell’aria si rileva a circa 450 metri di profondità, dove inizia il ramo chiamato “Windows 95”. Questo Ramo parte da una grande finestra presente a metà di un pozzo da 50 metri e dà accesso a una maestosa spaccatura che scende per un centinaio di metri.
Questo ramo fino a prima del 2004 chiudeva esattamente dopo poco più di 100 metri di verticale, quasi continua, dalla sua partenza.
Perché ancora Malga Fossetta?
L’idea di riprendere in mano Malga Fossetta è nata alla fine del 2003; l’iniziativa è partita da un gruppetto di amici molto incuriositi dall’andare a vedere un meandro a -920 metri di profondità, chiamato “meandro attivo” nel quale in periodi di regime idrico normale si infila tutta l’acqua della grotta. Su questo ramo iniziarono a lavorare un gruppetto di fortissimi speleo di Rovereto con a capo Cristian Graziola: egli con i suoi compagni un lavoro titanico con la speranza di realizzare il grande sogno di entrare nel grotta della Bigonda, che non dista molto da Malga Fossetta, realizzando così quella che sarebbe una delle più clamorose traversate speleologiche italiane e non solo. I suoi sogni erano tutto meno che fantasia poiché in questo ramo soffia un’aria che lascia veramente impressionati. Furono portati a questa profondità tubi per deviare il corso dell’acqua e iniziarono la disostruzione in un posto infame, lavorando per ore con le mute addosso.
Sfortunatamente Cristian se ne è andato troppo presto e non ha potuto portare a termine il suo incredibile progetto. Diciamo che ri-cominciare questo lavoro era un po’ anche un modo per riprendere ad inseguire un sogno e ricordare chi è stato così audace da iniziarlo e cercare di dare una risposta agli sforzi immensi fatti. Già durante il riarmo della grotta ci siamo resi conto che il lavoro sarebbe stato biblico per vari motivi, non da ultimo il fatto che a quelle profondità ci sono grossi problemi di regime idrico e, in caso di piena, l’ultimo meandro può veramente trasformarsi in una trappola senza vie di uscita. Di conseguenza si è deciso di tenere il lavoro al fondo nel periodo invernale quando il manto nevoso all’esterno e il grande freddo, che caratterizza queste montagne rendendole magiche quanto inospitali, assicurano un basso regime idrico all’interno. Per il periodo estivo nacque quindi l’idea dì riguardare la grande frattura che si incontra a -450 m e il ramo Windows 95. Già dopo le prime uscite è arrivata la grande sorpresa ed è nato il ramo Voglio Papà. Questo ha riconfermato quanto tutti noi speleologi sappiamo benissimo: un abisso non finisce mai di essere esplorato perché tutto dipende da come guardi e da come immagini la grotta; quando riesci a entrare in simbiosi con la grotta riesci a capire dove va!! In questo modo si sono aperti e si apriranno sempre nuovi e interessanti cantieri in moltissime grotte.
Il nuovo ramo.
La grande faglia che scende per 200 metri venne rivista molto bene e nel dettaglio; solo un punto faceva presagire un’interessante prosecuzione. Questa zona è stata percorsa con un aereo e audace traverso che ha portato su una zona concrezionata molto gradevole. Sfortunatamente però, arrivati nuovamente sulla parte verticale che si sperava portasse in profondità allontanandosi dalla faglia, questa via ci ha ricondotto sulla vecchia e bypassata via di progressione conosciuta con il nome di “Via dei Santi”. Quella che invece si è dimostrata veramente una sorpresa molto promettente è stata una piccola finestra nella parte bassa del pozzo Windows 95. Questo pozzo nella parte inferiore diventa abbastanza franoso e all’incirca a -500 m si verticalizza rispetto alla normale pendenza della faglia che fino a questo punto è la stessa che genera il grande P 200. In questo punto di flessione, una piccola finestra conduce a una nuova frattura che, come risulta evidente dal rilievo, se ne va per una direzione tutta diversa, in pratica a 90 gradi. Da questo punto la grotta cambia completamente morfologia partendo con un meandro molto bello e lavorato dall’acqua che conduce a un primo salto di 10 metri. Poi ancora per ambienti grandi si continua sino a un altro pozzo di circa 15 metri. Qui c’è una minima circolazione d’acqua, ma una decisa circolazione d’aria e il complesso si comporta in modo “corretto”, cioè l’aria sembra viaggiare verso un ipotetico ingresso basso. Alla base di questo pozzo sembrava il solito “Game Over” essendoci trovati davanti ad una fessura verticale impraticabile. In realtà in una sola punta di disostruzione, seppur impegnativa, si è riusciti a forzare questo antipatico passaggio permettendo di arrivare in una bella sala denominata Sala delle Fate per le concrezioni di fango presenti sul pavimento simili a castelli. La grotta poi prosegue in meandri concrezionati abbastanza ampi e piccoli pozzi. Inaspettatamente ci siamo poi trovati su un pozzo di circa 50 metri molto ampio nel quale, a metà altezza, è ben visibile il passaggio della roccia dal calcare alla dolomia; abbiamo subito pensato che il  Voglio Papà ci stava conducendo, tramite una nuova via, verso le profondità e che probabilmente il grande sistema di collettore profondo delle acque si fosse aperto. Come al solito però Malga Fossetta si è fatta desiderare e c’ha fatto sudare! Alla base di questo grande pozzo Malga Fossetta ci ha concesso solo due piccoli salti di pochi metri e poi ci ha lasciato sognare di fronte a una fessura percorsa da molta aria, ma stretta e di cui non si intravedeva la fine (qui è dove finisce attualmente il rilievo). Qua Malga Fossetta è stata meno clemente e ci sono volute tre lunghe e massacranti punte di disostruzione per andare oltre. Uscendo da questa frattura si deve affrontare una strettoia veramente ostica che dà accesso a un saltino di circa 3 metri; alla sua base parte un bel meandro che dopo poche decine di metri si abbassa e il fondo della galleria è riempito di materiale sabbioso e fangoso (in parte insoluti della roccia). Anche qui sono state dedicate un paio di uscite con secchielli e palette per rimuovere questo nuovo ostacolo, che una volta oltrepassato ha dato accesso ad un ambiente, seppur stretto, con una corrente d’aria veramente formidabile, una delle più forti avvertibili all’interno della grotta, escludendo il meandro attivo a -920 metri di profondità. Un successivo abbassamento della volta è stato oltrepassato disostruendo uno strato di concrezione presente sul fondo della galleria. Poi altre due punte di disostruzione sono state dedicate alla demolizione di una nuova ostruzione, ora siamo quasi sul punto di passare oltre e vedere cosa ci riserverà quel nero che si intravede.
Il ramo Voglio Papà è ormai giunto a circa 670 metri di profondità e siamo circa alla stessa quota del pozzo-cascata che conduce sul ramo Carioca, ma in pianta siamo in tutta un’altra parte della montagna, la grotta punta decisamente a Est verso la zona dei Castelloni di San Marco.
E così Malga Fossetta si riconferma nel suo stile e nel suo carattere, concedendosi come sempre a piccoli bocconi, ma sono comunque bocconi prelibati quindi non ci lamentiamo e ce li gustiamo…
Le grotte vanno accettate per come sono e per come si vogliono concedere e come sempre tra la grotta e chi la esplora si stabilisce un rapporto magico di simbiosi fatto di fatiche e soddisfazioni, che è difficile da esprimere. Chissà ancora quante albe con la piana di Malga Fossetta avvolta da un rosso bruciato che si estende dal lontano Monte Grappa fino alle cime dei pini che la sovrastano, e chissà ancora quante tracce bisognerà fare in un metro di neve fresca, e quante notti bisognerà ancora passare all’interno della gelida malga durante i rigidi inverni alla ricerca di qualche rocambolesco sistema per incrementare di qualche grado la temperatura interna, prima di poter trovare un accesso che da Malga Fossetta conduca al sottostante gigante sistema di gallerie che è la Grotta della Bigonda o a chissà quale altro collettore sotterranea dell’Altopiano che fino ad ora ha cercato’ di celarsi agli occhi degli speleo, ma che inghiotte le acque di Malga Fossetta e di chissà quanti altri abissi.
Fatto sta che ci sarà ancora molto da fare e ci saranno ancora molte persone che avranno tanto da divertirsi e da imparare da questo Abisso entrato nella storia della speleologia italiana.
Un altro aspetto interessante di questi ultimi anni dedicati a Malga Fossetta è stato che durante questa nuova campagna esplorativa sono stati fatti anche sulle acque della grotta (temperatura e pH) e sulla sua meteorologia, non limitati a singole misurazioni puntuali: sono stati, infatti, posizionati datalogger per monitorare nel tempo le variazioni di temperatura. A seguito del freddo le batterie dei datalogger non hanno però permesso di raggiungere un’adeguata quantità di dati. Sono stati inoltre compiuti anche studi di biospeleologia e per questo si sono riarmati e ci si è concentrati nei rami superiori della grotta ove c’è un interessante percorso che by-passa il pozzo Bologna. Questi studi hanno portato al ritrovamento di varie specie, tra le quali lo Zospetnn galvagnii, piccolissimo gasteropode troglobio, rintracciato e descritto per la prima volta da Cesare Conci nella grotta del Calgeron, facendo anche questo aspetto ben sperare in una possibile congiunzione in un unico sistema delle grotte Fossetta-Calgeron-Bigonda. Tutto questo lavoro è stato possibile grazie alla collaborazione di più gruppi speleo e delle persone che hanno contribuito e tutt’ora contribuiscono a portare avanti questo progetto. In particolare assieme al Gruppo Grotte Schio hanno partecipato attivamente il Gruppo Grotte Rovereto e il Gruppo Speleologico Padovano. Ovviamente un grande grazie va anche a tutti gli speleo di altri gruppi che in vario modo hanno partecipato alle varie punte esplorative dando un grande contributo.

[Marco Baroncini per Speleologia Veneta 2008]

 

Giovedì 2 e Venerdì 3 Giugno 2011 la solita agguerrita squadra di speleo del gruppo di Schio e di Rovereto entra nell’Abisso di Malga Fossetta con l’obbiettivo di continuare l’esplorazione ferma, dopo l’ultima esplorazione invernale, su una strettoia da allargare.
La squadra dei tre si cala in MF alle ore 17,00 circa con 4 sacchi ed in poche ore sono giù in fondo fino al punto “X”.
Si tratta di ambienti veramente estremi, passaggi in cunicoli e gallerie “acquatiche”, strettoie da by-passare assolutamente con la muta trascinandosi appresso a fatica i sacchi con i bidoncini stagni.
Pochi manzi piazzati in condizioni schifose (uomo che lavora in verticale a testa in giù con tutto fango intorno: un vero buco di culo) e via di nuovo verso l’ignoto.MF 77  LELE
I ragazzi continuano a spingere avanti nella esplorazione, vengono percorse parecchie centinaia di metri e persi molti metri di quota.
L’acqua, le strettoie ed i salti da fare in libera non mancano. Infine una strettoia particolarmente ostica decide che per l’oggi basta e avanza.
Ma non c’è nessun problema particolare anzi, oltre la galleria si profila più grande e ampia (!).
Comincia ora la fase del rilievo di tutta la parte nuova.
Questo lavoro si rivela molto duro specialmente per la stanchezza accumulata e per il sonno insopprimibile.
In alcune ore sono comunque su al campo a -840.
I ragazzi decidono di non dormire, solo mangiare qualcosa e poi uscire da questo incubo di ghiaccio..La risalita stavolta è molto dura specialmente per la stanchezza ed il sonno.
Verso le 23,00 di Venerdì e le 02.00 di Sabato, dopo 32 ore di movimento, sono comunque tutti e tre fuori.
Ad attenderli una pioggerellina fitta, ma questo per dei “pesci” non è un problema.
A dir la verità l’acqua non è stata un problema serio neanche dentro.
Ci si aspettava un regime idrico copioso, fuori ha infatti piovuto spesso in questi giorni.
Di acqua ce n’era, ma meno che nel cuore dell’inverno. Mah! Staremo comunque all’occhio e sempre su con le orecchie anche nelle prossime esplorazioni.
Il mattino è ancora lontano e nel buio della notte si ritrova comunque la malga.
I ragazzi, ostici, decidono ancora di non dormire lì ma di provare a trascinare i resti fino a casa e depositarli in un comodo letto e ci riescono.
L’indomani Simo restituisce a tavolino il sudato rilievo.
Il totalizzatore dice -1011 metri, il primo meno mille del Veneto, un altro all’Italia. (eh, lo dovevo dire in occasione del 150°!).
Conclusioni: come si è capito non finisce qui, il “Mostro che c’è sotto” si sta risvegliando..

[Cesare Raumer per Scintilena 2011]

foto Malga Fossetta

 

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