SPELAION 2012

Siamo appena tornati dalla manifestazione internazionale “ SPELAION 2012 – La fine del mondo…” che si è tenuta, come sapete, in Puglia, a S.Marco in Lamis, vicino a San Giovanni Rotondo, quello di Padre Pio…
Del GGS CAI Schio eravamo il sottoscritto, il Boa (Marco Boarin), Morejo (Moreno Girotto), la velina Gabriella ed Igor. In più con noi è sceso Davide Strapazzon del Geo di Bassano.
Che dire della manifestazione? Beh, non male visto che si è tenuta in tanta malora (da noi..). Saremmo stati un migliaio di persone, quindi un po’ soft rispetto alle trascorse edizioni. E’ stato tutto un po’ soft, lo speleo bar, i convegni, le mostre, lo stand materiali, ect…
Ma ripeto tutto non male, ci si è divertiti e molto lo stesso.
Abbiamo rivisto tanta gente conosciuta ed abbiamo bevuto molti bicchieri assieme. Qualcuno anche troppi…
Il nostro programma è stato partire già il mercoledì pomeriggio (io ed il Boa col mio camper, gli altri in auto).
Con il camper abbiamo spezzato la lunghezza del viaggio in due tranche, gli altri tutti una tirata.
Il giovedi lo abbiamo passato chi girando per il gargano (ci è scappata una bella mangiata di pesce…) e chi rovistando mostre ed acquisto libri…
Il venerdì mattina visione di ottimi video fino alle 11,30 quando Luca Benedetto ed il suo gruppo presentano al mondo la loro “grande scoperta”.
Dal loro racconto si capisce che hanno trovato il mondo ed in particolare il mistero è un grande pozzo inesplorato di almeno 100 metri.
Come sapete siamo stati invitati a scenderlo in primis e a tal uopo io mi sono offerto di regalare loro la corda necessaria: è il meno che potevo fare per questo gradito invito.
Si parte subito dopo la proiezione alla volta di Alberobello.
Caspita, mio padre avrebbe detto che non è mica  “li de là de l’orto!” ed infatti ci sono in mezzo qualcosa come 230 km di strada, cioè sulle tre ore di tempo.
Arrivati a casa di Luca noto il meraviglioso trullo che è poi casa sua.
Il tempo è meraviglioso, fa anche caldo.
Dopo alcuni convenevoli e preparativi ci accingiamo ad arrivare all’imbocco della ormai famosa grotta.
Si tratta di un buco abbastanza insignificante in mezzo ad un campo di terra.
Sembra un buco in pianura.
Prima dei lavori niente dava adito che li sotto ci fosse qualcosa di significativo.
Solo il fatto che il posto, in caso di acqua eccezionale, si inghiottiva tutto.
Ora però l’ingresso, dopo la scoperta, possiede un ingresso di tutto rispetto.
Gli speleologi del gruppo di Luca, il GASP! (acronimo che sta per Gruppo Archeologico Speleologico Pugliese) hanno piazzato un tubone di cemento del diametro di un metro equipaggiato di scalini per la discesa.
Il coperchio, di mirabile fattura, è in pratica un botola chiusa col lucchetto, necessario per tanti e validi motivi.
Intorno alla botola è stato poi fatto un lavoretto di ottimo impatto visivo, con un eccellente muretto a secco di pietre calcaree, in stile con il luogo.
Tale lavoro è stato fatto da Nico Masciulli, un gigante socio del gruppo di Luca. Bravo davvero.
Cominciamo a cambiarci quando arrivano i giornalisti.
Li è stato raccontato qualcosa e di cosa ci aspetteremo di trovare.
Foto di gruppo e poi giù nel tubo secondo una cadenza che ci siamo dati di cinque squadre.
La prima squadra composta dal sottoscritto e da Andrea Forni (uno speleo in gamba di …e chi si ricorda?).
Subito appresso la seconda squadra col compito di fare una risalita a metà grotta  composta da Luca Benedetto, Morejo e Igor.
Subito sotto la terza squadra composta da Nico con la sua morosetta Marisa intenti nel ruolo di sherpa per portar materiale d’armo per l’ultimo pozzo.
La quarta  con il compito di eseguire un servizio fotografico composta da Davide Strapazzon e dalla velina Gabriella.
E infine la quinta ed ultima squadra composta da Mauro Regolini e dal Boa.
Da qui descrivo quello che vedo io.
Entro nel tubo ed immediatamente mi accorgo della grandezza della grotta.
Comincia una sequenza di pozzi cascata decisamente belli, tra cui uno di circa 50m, bellissimo.
A circa un centinaio di metri di profondità inizia una galleria molto grande e molto bella.
Ogni tanto bei festoni di stalattiti adornano le pareti ed il soffitto della galleria.
Dopo qualche centinaio di metri la galleria cambia aspetto.
La parte alta continua molto ampia ed inesplorata.
La parte bassa si approfondisce in una forra bellissima dalle pareti liscie.
Mai larghissima ma neanche mai troppo stretta.
Lungo questo percorso ci sono parecchi salti a pozzo cascata, mai profondi ma molto belli. Dopo un certo percorso l’ultimo salto sui otto metri da su un laghetto, abbastanza profondo (qualcuno per uscire si è bagnato il culo…).
In questo punto c’è la risalita da fare e quindi ci dividiamo.
Io continuo verso il pozzone con i miei compagni.
Dopo una grande e bellissima galleria, in alcune parti però molto sdrucciolosa, arriviamo io ed Andrea sul bordo del pozzone.
L’aspetto è un po’ sinistro perchè è grande la sensazione del vuoto che c’è sotto.
Qui siamo circa a –150m di profondità. L’ingresso della grotta si trova a 303 metri sul livello del mare.
Fatti due conti, ci chiediamo quanto manca per arrivare al livello di falda…Mah! vedremo.
Butto un pietrone sul vuoto del pozzo.
Dopo poco si sente un tonfo seguito da un rotolare su una china. Poi silenzio. Poi silenzio. Poi silenzio.
Infine un sordo boato lontanissimo, strano, mai sentito così.
Io ed Andrea ci guardiamo in faccia in silenzio. Che c…o c’è li sotto?. No problem, inizio l’armo di un buon traverso con la corda che ho nel sacco.
Si tratta di una corda da 103 metri più una sotto di 25 metri, vorrò vedere!
La roccia è sul marcio ma trovo anche quella buona e quindi scendo con l’ultimo dei quattro attacchi nel grande vuoto.
Dopo una discesa di circa 25/30 metri atterro su una china detritica costituita da sassi e fango.
Discendo lateralmente questa scarpata per un dislivello di una dozzina di metri.
Qui il pozzo diventa una grande forra, rotta sul pavimento da una solcatura stretta e serpeggiante.
Sempre assicurato guardo giù.
Quattro metri sotto si vede nero. Cerco una pietra e la butto dentro.
Dopo un tic toc la pietra cade nel nero ma non sento niente.
Mi chino allora a raccogliere un’altra pietra e mi accingo a ripetere l’operazione quando sento un sordo boato lontano. Era la prima pietra che si è fatta sentire.
Caspita, ma quanto è fondo questo salto mi dico? Ripeto la scena alcune volte e capisco che qui sotto c’è qualcosa da paura. Do l’ok ad Andrea (Nico e Marisa sono tornati sui loro passi…) e comincio a creare un traverso per trovare un posto largo per scendere. Dietro una cortina di roccia l’ambiente si fa grande ed il solco sotto bello largo.
Metto un paio di full time, faccio un bel coniglio e scendo nella forra per una trentina di metri.
Alla mia sinistra percepisco che l’ambiente è grande, è dove il pozzone slarga.
Altro full time, do l’ok ad Andrea che mi segue a ruota e poi giù.
Appena fuori dallo stretto guardo giù. Il nero è abissale.
Tiro fuori dalla mia tasca la mia torcia americana da 1200 lumens e la punto verso il basso.
Incredibile, tira comodamente più di cento metri ma vedo sempre e solo nero.
Riprendo la discesa fino a che finisco la corda da 103, faccio un nodo con quella da 25 ma so che ho poche speranze di toccare il fondo. Il pozzo intanto è bellissimo.
Dalla parte che sto scendendo, sempre contro parete, si tratta di una sezione mezzatonda , perfetta, di circa 10 metri di diametro. Dalla parte opposta vedo a stento le pareti lontane.
Incredibile quanto è corta una corda da 25 metri ed infatti finisco a penzolare nel vuoto, sulla fine del nodo.
Alla mia sinistra, a sette metri circa di distanza e da dietro una cortina rocciosa fuoriesce uno scroscio d’acqua che forma una consistente cascatella.
Nella sua discesa ha creato col tempo una grande concrezione parietale che si perde nel vuoto.
Notevole il fragore dell’acqua che si nebulizza sbattendo su detta concrezione.
Sarà interessante vedere, mi dico, da dove viene tutta quell’acqua visto che da queste parti non piove quasi mai…
Visto che non mi resta nient’altro da fare tiro fuori il mio pilone e guardo verso il basso.
Stavolta intravvedo il fondo ma la visione è irreale ed un po’ inattesa: il fondo è un lago!
Guardo bene e mi sembra di notare che tutte le pareti del pozzo lambiscono l’acqua, non mi sembra di vedere vie d’uscita. Ma sono ancora a circa 30/40 metri dal fondo, non posso vedere bene se c’è qualcosa che va via in orizzontale.
Sarà compito dei ragazzi del Gasp, ma dovranno portarsi appresso sicuramente un canotto.
Risalgo fino a dove Andrea mi aspetta, una 50tina di metri sopra.
Realizzo che il salto, dall’inizio della forra, è almeno di un centinaio di metri.
Ecco che cosa dava comunque quel boato strano al gettare le pietre, l’acqua! Ma quanto è fondo il lago? Boh, secondo me parecchio. Si vedrà.
Va beh, il ritorno e la risalita è tutto ok ed anche facile facile.
Se non altro freddo zero, la grotta misura una temperatura di circa 16/17 gradi.
Troviamo gli altri in zona laghetto.
Vedo scendere anche il Mauro, grondante di sudore dopo la sfacchinata di aver accompagnato fuori il Boa che non si sentiva bene (fumi d’alcool postumi?).
Anche le altre due squadre hanno lavorato alla grande.
E’ stata completata la risalita (vi diranno loro), fatto il rilievo fino al bordo del pozzone e fatto un trecento foto.
Tutto straok quindi.
Usciamo che fuori sta albeggiando, il sonno si fa sentire.
Al trullo dormiamo qualche ora e a mezzogiorno Luca e Paola ci deliziosano di un’ottima pastasciutta sotto un sole estivo (eravamo in maglietta a maniche corte!).
Poi, infine di nuovo su  a Spelaion , grande festa alla sera allo speleobar e poi ieri, domenica 4 Novembre, tutti a casa, dopo una strada lunga quasi mille chilometri!….
Conclusioni: ci siamo divertiti tutti da matti, i ragazzi del Gasp sono simpaticissimi.
Il fondo dell’abisso? Beh, ce lo racconterà presto Luca e compagni, non vedono l’ora.
Ciao a tutti.
Cesare
P.s.: le foto sono di Davide Michele Strapazzon e Andrea Forni.