Buso della Neve 03.10.2012

Dopo le ultime e recentissime notizione giunte dalla scorsa domenica al Buso della Neve, lunedì al lavoro ammirando le bellissime foto fatte dal S-Team, Igor mi mette la pulce nell’orecchio : “.. e se ci prendessimo un permessino e andassimo anche noi sto mercoledì col Fer e gli altri? ” …resto un pò così, non do per scontato di ricevere esito positivo dalla direzione, ma tentar non nuoce..
Sta di fatto che mercoledì mattina presto presto, ovvero prima del solito, le 7, ci troviamo al solito parcheggio pronti per partire verso l’Altopiano.
Siamo io, il Fer, Flavio “El Cogo”, Morejo e Gabry , Igor non ha avuto la mia “fortuna” e gli è toccato di restar al lavoro.
Ci fermiamo solamente per un caffettino dal Toi e preleviamo anche Francesco Minuzzo del Geo Cai Bassano.
In quattro e quattr’otto superiamo Camporovere e via verso le Malghe Galmararetta e Galmarara.
Ricordo quando qualche anno fà facemmo tutta questa strada con neve e ciaspole, e non mi capacito di come ci siamo riusciti.. mah..
Nel tragitto “El cogo” cerca di trovar la posizione di vari Busi nella cartina topografica e ci chiede dove si trova il Buso della Neve… eheheh, niente di più facile!
Arriviamo con il permesso fino davanti la Malga Zingarella e decidiamo di vestirci direttamente alle auto e nel frattempo cerchiamo di organizzarci.
Nei mille pensieri preparativi del momento l’idea è diventata quella di entrar  il più veloci possibile io e Fer in modo da poter uscire ad un ora decente e poter poi andar a disarmare l’Abisso Primo.
Una seconda squadra avrebbe provveduto ad armare in doppia il pozzone che dà su Sala Zero.
Partiamo bardati di tutto punto con una bella 140 appena tagliata a metà, una 80 reduce dall’Abisso del Nido, vari spezzoni, due trapani e materiale da disostruzione.
Il tempo si stà mostrando mansueto, a discapito dei precedenti giorni di diluvio universale.
In un quarto d’ora (più meno che più) siamo in prossimità del Buso, per il momento si vedon ancora solamente mughe e il Fer fà strada.
Ora il Buso si fà decisamente imponente.
Il primo tratto di discesa è impervio, la risalità ci costringerà a ei veri sforzi.
Arriviamo comunque all’attacco della ex-ferratina, ormai devastata dagli anni e il Fer comincia ad armare ricordando le indicazioni di Cesare.
Speravamo fossero restate almeno le placchette o gli anelli e invece niente, ci tocca intervenire sulla scorta di Morejo che teneva per armare in doppia il pozzone.
Cercando di star il più attenti possibile al movimento accidentale di sassi, uno dopo l’altro arriviamo in Sala Freezer.
Non mi soffermo neanche più di tanto ad osservare le spettacolari concrezioni create dal ghiaccio e proseguo con Fer verso l’armo di Sala Zero.
Francesco e Flavio El cogo scendono prima di me, scendo a mia volta e mi stupisco di fronte all’immensità del luogo in cui mi trovo.
La mia scarsa luce riesce a malapena ad illuminare le pareti laterali del pozzo e vedo minuscoli bagliori in profondità e penso che sicuramente si erano sbagliati, non può essere un pozzo da soli 50 metri!
Nella mia fantasia mi par quasi di rivedere i racconti dell’Abisso del Novegno con i suoi pozzi da 200mt e le luci quasi insignificanti dello speleologo sul fondo.
Noto un forte sgocciolio su un fianco del tappo di ghiaccio, anzi, direi proprio uno sgocciolio alquanto inquietante.
Tocco terra, un forte dislivello porta su di un enorme ammasso detritico, e mi ci vuole una decina di minuti prima di raggiungere i miei compagni sul fondo.
Effettivamente i 50 mt eran proprio 50, si, solo che l’ampiezza della Sala e l’ulteriore dislivello su frana dava un effetto ottico di non poco conto.
Subito cominciamo a “ravanare” in cerca di possibilità esplorative.
Ma le nostre attenzioni ricadono inevitabilmente su di un unico posto, vicino alla scritta a carburo lasciata nel ’90 dai nostri soci del GGS.
Ci raggiunge anche Gabry mentre Morejo comincia a trapanare per la seconda campata.
Fer si infila in questo piccolo meandro e comincia con una prima disostruzione.
Nel frattempo chi come Francesco non sà star fermo, sposta sassi alla ricerca di un by-pass con il mondo sottostante.
Finita la prima pare di disostruzione Gabry si infila e dopo poco la seguo.
Dopo qualche metro di esiguo meandro sbuchiamo in uno slargo che presenta evidenti segni di precedenti passaggi.
Qui un tre metri di arrampicatina in libera permettono l’accesso ad un ulteriore meandro, più contorsionistico del primo dove decido di fermarmi per impossibilità transitoria.
Nel frattempo Morejo dà forfait, un mal di testa lo costringe ad uscire, purtroppo senza nemmeno essere riuscito a scendere fin Sala Zero.
Continuando sul meandro, Gabry, seguita poi da Fer, trovano la partenza di un pozzetto stimato sui 6 metri circa con uno spit arrugginito sul fianco.
Di qui pensiamo possa essere passato solamente qualcuno degli ex-fessuristi del gruppo.
Mentre loro esplorano, Flavio bolle del thè e taglia della lingua e dispendia uova sode ( e da qui il soprannome di “Cogo”)… mentre Francesco, scava ininterrotto su un punto che sembra ciucciare una buona quantità di materiale.
Questo fino al momento in cui io e Flavio non ci siam sentiti muovere la terra da sotto il culo! Fermo Francesco! vien via di lì immediatamente!
Più rocce dalle dimensioni di due uomini lo sovrastavano e nel momento del leggero spostamento mi son tornati in mente i racconti del Cesare sul rischio corso su Adrenalina al Però Prometteva Bene.
Meglio lasciar stare.
Tornano anche Fer e Gabry e lenta comincia la risalita verso l’esterno.
Salendo la situazione scioglimento mi sembra aumentata, boh, spero sia solo una mia sensazione, non è poi così simpatico risalire con sto mega tappo di ghiaccio sopra la testa.
Ora trovo anche il tempo di ammirare Sala Freezer e le sue sculture di ghiaccio. molto belle.
All’uscita troviamo il sapiente lavoro di Morejo, corde e armi su quella prima parte di scoscesa discesa aiutano notevolmente la risalita!

Ormai è tardi e l’idea di disarmar l’Abisso Primo passa dalle mostre menti per lasciar il posto ad un buon bicchiere di vino.

Ciao

Marco