Abisso della Pernice Bianca 15.09.2012

“E adesso: LE RIFORME!”.
Con questo slogan il Mase mi invitava venerdi scorso ad andare all’Abisso della Pernice Bianca.
In realtà mi diceva che lo slogan, una minchiata vocale sputata un’ennesima volta dalla nostra cara e amata casta, poteva essere ghignamente il nome da affibbiare ad un eventuale pozzo scoperto.
“Cosa ghetu dito?” Ma allora non troveremo certamente niente! Comunque sia ci troviamo sabato mattina alle 7,30 al parcheggio del cimitero di Caltrano in quattro: Io, il Mase, Moreno e mogliettina, la Gabri. 220 anni in 4 sentenzia il Morejo…
Con due mezzi, il mio furgone e la sua Renault andiamo su.
A Canove fermata solita per panini e bar e poi ancora su fino a Malga Pozze.
In prossimità della malga mi fanno vedere l’ingresso di Sberlottameloch.
Mi ha molto colpito l’interessante partenza, la posizione rispetto alla zona piena di campi solcati ed enormi doline.
Sotto c’è da lavorare ma ormai questo si farà l’anno prossimo, intanto bisogna chiudere l’ingresso per non farlo riempire dalla prossima neve….(mercoledi sera prossimo io andrei su a farlo, chi viene con me?…).
Posteggiamo i mezzi alla malga, prepariamo i sacchi con dentro una settantina di metri di corda, non si sa mai…e poi via.
Arrivati sul luogo ci rendiamo conto che per trovarne l’ingresso dovremmo penare: i mughi stanno distruggendo l’altopiano.
Comunque sia, sapendo molto approssimatamente dov’era l’ingresso, lo troviamo subito.
Ci cambiamo, chi sospeso sui mughi, chi infilato orrizontalmente nella tricea.
I sacchi li lasciamo li bellamente esposti all’ingresso, abbiamo la certezza assoluta che nessuno ce li porterà via….
Entriamo, la grotta è armata e la discesa avviene quindi molto velocemente. Scendo per primo il pozzo da 35 (per tutti, eccetto che per il Mase, si tratta di una “prima”) e noto l’armo fatto da Fanny un paio di anni fa: tutto molto ben fatto.
Al fondo del pozzo dipartono un paio di vie.
Il Mase suggerisce di optare per la via di sinistra che forse potrebbe avere qualche possibilità di prosecuzione.
Dopo un meandrino, che a detta di due compagni, se và sarebbe da limare, arriviamo sull’imbocco di un pozzo.
A destra c’è una corda di una cinquantina di metri recuperata e ben messa sopra un sacco giallo.
La prendo ed inizio a piazzarla sugli spit che trovo scendendo.
Si tratta di un bel pozzo grande di un 25 metri.
Alla base sembra che chiuda eccetto un tondo imbocco di un cunicoletto in discesa.
Era già stato curato ma completiamo la sua quarigione con  opportuni lavori.
Si infila il Mase ma dopo un po’ torna e ci dice che no, niente da fare.
Zero aria e stretto sul fondo.
Intanto il Morejo risale una paretina di sei sette metri e sopra scopre che continua prima in orizzontale e poi sprofonda.
Li sopra c’è anche un po’ d’ria.
Sfruttando la corda del pozzo facciamo tutti un facile traverso e giù per la nuova via. Sopra lo sprofondo notiamo in alto, dalla parte opposta una nera finestra, occlusa parzialmente da un grosso masso in bilico. …..Uhmm……
Ora però andiamo in giù, si può facilmente scendere in libera.
Sul fondo, una dozzina di metri più in basso l’ambiente è grandino ma l’unica via verso altre profondità sembrano essere due piccolissimi meandrini, di cui uno già remotamente affrontato circa 25 anni fa dai primi esploratori.
L’ingresso verticale di questo si presenta come un forellino, faticosamente, (con i mezzi del tempo), portato ad avere una sezione quadra di 30×30 cm.
La nostra fessuromane Gabri vi penetra dentro, ci passa a tampone.
Va avanti in esplorazione, sta via per qualche minuto e poi torna ma dice che è molto stretto. Interessante vedere i 5 minuti di contorsioni “stile Udinì” per stapparsi dal buco senza i compagni “cavatappi”.
Dai e ridai è fatta! Brava Gabri.
Comunque sia anche il Mase vorrebbe vedere al di là per cui il quadrettino viene curato con tre attente e mirate punture.
Cinque minuti e l’effetto è che ci passerebbe anche il nostro Mori. Mase si infila.
Dopo un po’ torna e conferma che in effetti e molto, molto stretto.
E quasi niente aria.
Vabbeh. Decidiamo alfine di uscire e disarmare l’intero abisso.
Del disarmo se ne occupa il Mori.
Alla fine siamo tutti fuori con un paio di sacchi a testa da portare a casa.
Dura battaglia finale per far passare il tutto tra i mughi, forse la cosa più faticosa di tutta la storia…
Solita sgroppatina per il ritorno che data l’ingente mole di materiale appresso ci fa sentire ” un po’ stanchini…”
Dulcis in fundo fermata al ritorno in una deliziosa pizzeria a Treschè Conca per una buona pizza e birra e poi giù nella bassa verso il meritato riposo.
Conclusioni: gionata splendida dal punto di vista della compagnia e anche , tutto sommato, dei risultati.
Abbiamo disarmato l’intero abisso portando a casa un centinaio di metri di corde abbastanza nuove, molti armi e appurato che difficilmente la grotta prosegue, chiudendo di fatto questo capitolo.
Abbiamo anche capito che è meglio non parlar più di riforme, su questo terreno non si va da nessuna parte, la storia ci insegna che non si trova niente…
Troveremo altri slogan, altri nomi più incisivi.
Da qualche parte sfonderemo, basta non mollare.
Sia dentro che fuori dalle grotte. Forse, visti i tempi, meglio fuori: ne abbiamo tutti bisogno.

Ciao a tutti. Cesare