Abisso del Calian, un breve racconto

Era gennaio quando venne l’idea di andare a vedere l’Abisso del Calian.
Stanchi di disostruire l’ingresso della grotta di Malga Ronchetta, guardando verso le creste del Grattiston, pensai che forse la via verso il ventre della montagna fosse celata tra i meandri e pozzi di quell’Abisso.
Al tempo non ne sapevo nulla, non avevo neanche visto il rilevo.
Decisi comunque che era giunto il momento di andare a metterci il naso: chissà, coi mezzi moderni magari avremmo avuto più successo nel trovare la fugace prosecuzione.

La squadra disarmo. Da sinistra: Ugo, Carlo, Davide e
Paolo.

L’abisso vide quindi la luce per la prima volta dopo quasi vent’anni nel mese di gennaio del 2019, io e Marco scendemmo fino a quella che poi scopersi essere chiamata “La Ghigliottina”; un passaggio piuttosto stretto che poi si getta su una serie di pozzi.
Arrivammo a circa -50m di profondità, ancora distanti dal fondo. Avevo portato troppe poche corde.
Non avendo neanche visto il rilievo non avevo la più pallida idea di come fosse impostata la grotta.
Decidemmo di disarmare tutto, restando dell’idea di tornare a breve, magari più informati.

Tornai con Massimo qualche mese più tardi, dopo aver letto la relazione su Stalattite e recuperato il rilievo.
Il piano era di puntare al fondo, armando e disarmando tutto in giornata.
Come sempre dal dire al fare… Quel giorno parcheggiammo l’auto a Malga Ronchetta e salimmo per il sentiero che parte appena dietro la malga, l’avvicinamento da lì è di circa un’ora, ma il sentiero è ripido e richiede parecchia energia.
Tutto questo va considerato quando si decide di armare e disarmare una grotta in cui non si è mai stati, con una profonditá di circa 150m, in sole due persone, con un avvicinamento di circa un’ora per quasi 300m di dislivello.
Col senno di poi era chiaro che l’impresa non sarebbe stata possib

Massimo e Davide, dopo una delle tante uscite.

ile.
Ovviamente noi quel giorno credevamo di farcela per cui in quattro e quattr’otto ci infilammo nell’ingresso.
Raggiunta la base del primo pozzo ci si infila tra le rocce, in un dedalo di passaggi.
Sicuramente la parte più labirintica della grotta.
Arrivati sulla sala di crollo si potrà notare un passaggio alquanto stretto tra i massi appoggiati al bordo della parete.
Da qui si scende fino ad arrivare su un’ampia sala.
Tale sala presenta sulla parete una vena di roccia scura spessa più di un metro (basalto?), il pavimento molto inclinato è disseminato di sassi di diverse colorazioni, tra il rosso e il nero.

 

Un passaggio sul lato sinistro della sala porta su un’altra saletta.
Arrivati qui ci si trova davanti alla Ghigliottina, che ci separa dai pozzi sottostanti.
Un passaggio alle nostre spalle ci porta invece ad un piccolo arrivo d’acqua, proveniente dalla sala sovrastante.

Ci infiliamo nella strettoia, dove la corda che abbiamo messo è più un ostacolo che un aiuto.
Arriviamo quindi alla base del primo pozzetto che presenta sempre un forte stillicidio.
La base di questo pozzo è disseminata di massi dal diametro che varia tra i trenta centimetri e

Paolo che si appresta ad affrontare la Ghigliottina

il metro.
Senza mai staccarci dalla corda scendiamo su una cengia sottostante.
Anche anch’essa cosparsa di detriti; il disgaggio ci porta via non poco tempo, ma sappiamo che una volta piazzate le corde pulire ulteriormente diventa alquanto problematico, se non impossibile.
Da qui scendiamo per una quindicina di metri su un’ampia spianata, che si getta infine su un ultimo pozzo di circa venti metri.

 

Sulla base di quest’ultimo salto parte un meandro, il primo degno di questo nome: presenta la classica forma a serratura ed è stato chiaramente scavato sul fondo dall’azione dell’acqua.
Va notato che finora la grotta non si presenta particolarmente “carsificata”, più che il carsismo sembra che la genesi dell’abisso derivi da movimenti tettonici che hanno fortemente fratturato questa zona di monte; solo di recente l’acqua ha iniziato ad attaccare le rocce.
Lungo tutta la prima parte di grotta non si trova infatti nemmeno l’ombra di zone fossili.

Arrivati alla base del pozzo troviamo un grande masso con una vecchia lattina lasciata per ricordo (fosse stato il caso di rimuoverla?).
Una scritta sulla parete ci avvisa delle insidie che ci aspettano: il Meandro Freedom.
L’acqua che avevamo lasciato prima della ghigliottina torna a farsi vedere qui, sottoforma di una piccola cascata.

Quel giorno il Meandro Freedom si mise noi e il fondo.
Decidemmo di girare i tacchi per tornare attrezzati in un secondo momento.

Una serie di puntate ci vedranno quindi tornare per sistemare gli armi e allargare il meandro.

Riuscimmo a penetrare fino alla sala terminale un giorno d’estate.

Il Meandro Freedom fotografato dal fondo dell’ultimo
pozzo.

Eravamo io e Carlo.
La sala, tondeggiante, è ampia circa una decina di metri, alta altrettanto. È cosparsa di detriti e una piccola frana occlude parzialmente l’accesso a una grande diaclasi.
La diaclasi, orientata verso est, è percorribile per poco più di una decina di metri, diventa poi troppo stretta per poter proseguire.
Faccio comunque presente che si riesce chiaramente a percepire l’aria che vi fluisce.
Lungo tutto il fondo della faglia si può sentire la presenza di un rigagnolo d’acqua che vi scorre.
Alla base è infatti presente uno strato d’argilla impermeabile su cui l’acqua scorre.

 

La decisione di disarmare la grotta e abbandonare l’esplorazione deriva da una serie di considerazioni che abbiamo fatto sulla genesi della grotta.
Sembra infatti, come ho scritto precedentemente, che la grotta sia piuttosto giovane, nata da alcuni movimenti tettonici che hanno fratturato questa zona della montagna.
L’aria che si sente sulla zona terminale non è poca, ma non sembra comunque giustificare il lavoro che sarebbe necessario impiegare per giungere a dei risultati.
Sembra invece un’idea migliore impiegare le forze che abbiamo per esplorare nuove grotte in Novegno e non solo.

Davide intento a uscire dal Freedom

Massimo al lavoro sulla parte iniziale del Meandro
Freedom

Carlo e Davide

pianta_abisso_del_calian

sezione_abisso_del_calian